Oggi 16 maggio 2019, nella sala convegni dell’I.I.S.S. “F. Calasso” in Via Belice a Lecce, si svolta la premiazione del concorso “Giornalista per un giorno– Sergio Vantaggiato”.
Alla stessa, accompagnati dalle docenti Gabriella Maci e Valeria Elia, sono stati presenti gli studenti della Sede di Squinzano Roberta Giordano (5A) e Luca Como(5B), che hanno partecipato al concorso, rientrando nella graduatoria dei finalisti.
La studentessa Giordano Roberta della classe 5A (che l’anno scorso si era classificata seconda) si è classificata al primo posto con l’articolo di giornale “sport e politica”. Inoltre, lo studente Luca Como ha avuto un riconoscimento da parte della giuria, per il lavoro svolto.
Ci complimentiamo con i nostri ragazzi!
“SPORT E POLITICA: UNA CONVIVENZA UN PO’ TROPPO FORZATA
Sono passati ormai ottantatre anni da quando Jesse Owens partecipò ai Giochi Olimpici del 1936 a Berlino, conquistando quattro medaglie d’oro, ma tuttora è il caso più emblematico quando si parla del connubio tra sport, politica e razzismo. Se in quegli anni le Olimpiadi servivano a Hitler per affermare la superiorità della “razza” ariana, le molteplici vittorie dell’atleta afroamericano dimostrarono il contrario: che non esistono nello sport discriminazioni e che lo scontro può essere sostituito con la sana competizione.
Talvolta lo sport, paladino dell’inclusione, della tolleranza e della solidarietà diventa inerte strumento nelle mani di una politica cieca e di un razzismo assurdo, carnefici spietati che annientano quella che dovrebbe essere una tra le più belle manifestazioni culturali ,modificandone la natura libera e pluralista attraverso un esercizio arbitrario della prepotenza e della prevaricazione. Accadde questo in Germania nel 1936 e continua ad accadere oggi ,nel 2019 , in Malaysia con il premier Mahathir Mohamad, il quale ha imposto il divieto agli atleti isdraeliani di partecipare al campionato di nuoto per le qualificazioni alle Paralimpiadi del 2020 a Tokyo.
Per quale ragione? La risposta è sempre una, fredda e indifferente: antisemitismo. E’ agghiacciante vedere come pregiudizi del genere , espressione di grettezza e limitatezza di pensiero , di assoluta mancanza di senso storico e di humanitas , costituiscano ancora la punta acuminata di una lancia con cui l’uomo ferisce a morte l’uomo. Le proteste avanzate dagli atleti israeliani, che erano anche entrati a far parte della Len, la lega europea di nuoto, non sono state ascoltate, poiché è difficile ascoltare la voce di chi rivendica sacrosanti diritti, voce scomoda per chi preferisce bocche chiuse e ali tarpate.
Oggi il rapporto tra sport e politica sembra essere sempre più stretto , cementato da ragioni meramente economiche di proporzioni assurde. Lo sport, usato e sfruttato dal governo di turno per imporre la propria autorità ,diventa pedina nelle mani della politica e del razzismo e si svuota della sua consistenza: non è più un ponte che unisce, ma un muro fatto di filo spinato che allontana divide, prevarica, asfissia….
Eppure, talvolta lo sport sembra essere più forte di tutto questo, ritornando ad essere ciò per cui è nato, ricominciando a vivere attraverso le testimonianze di chi è riuscito a lottare contro la chiusura del sistema; tanti sono i casi in cui lo sport ha vinto, in cui l’uomo ha vinto: nel sessantotto con le contestazioni contro l’apartheid o sempre nello stesso anno con i due pugili di colore, Tommy Smith e John Carlos, che dopo essersi aggiudicati rispettivamente il primo e il secondo posto alle Olimpiadi rivendicarono i diritti civili degli afroamericani negli Stati Uniti.
L’episodio più recente è quello di Samia Ysuf Omar, una ragazza che ha la corsa come sua unica passione. Questa passione, però, a Mogadiscio, diventa una colpa a causa del regime integralista presente nel suo Paese. Samia, tuttavia, è la dimostrazione concreta di ciò che lo sport può fare, al di là di barriere erette da usi e costumi, ignoranza , pregiudizi. Riesce da sola senza sponsor, allenatori professionisti e medici a qualificarsi alle Olimpiadi di Pechino, arriva ultima, ma da quel giorno diventa un simbolo per le donne musulmane oppresse da un potere che non le rappresenta perché vigliaccamente le disprezza.
Il suo obiettivo era partecipare alle Olimpiadi di Londra del 2012, ma il suo viaggio si interrompe in mare, mentre su quell’imbarcazione diretta in Europa cullava invano il suo sogno .
La storia di Samia fa riflettere su quanto miope e codardo possa essere un governo che fonda il suo potere sull’arroganza e l’insensibilità , che impedisce al popolo di esercitare la sua libertà condizionandone le tradizioni, la religione, le abitudini, il pensiero , la vita .
La storia di Samia ci porta a pensare fermamente alla necessità che lo sport sia solo sport, la politica sia politica, senza nessuna pericolosa connessione.
La politica vera è quella che riesce a instaurare con il popolo un dialogo fecondo, creando quel senso di appartenenza , quello stesso che riuscì a proporre Mandela sotto l’unico simbolo della maglia della nazionale di Rugby, composta da allora da giocatori bianchi e di colore.
Solo così la politica potrà funzionare, facendosi portavoce degli stessi principi che regolano lo sport. Essere sempre in prima fila nella lotta alle discriminazioni, all’intolleranza, contrastare ogni forma di corruzione e vedere nell’altro un uomo non un rivale, è un passo avanti verso una società più coesa e solidale. In fin dei conti insegna questo lo sport: adottare lo stesso comportamento nei confronti di ogni persona senza nessuna forma di pregiudizio, opporsi alla violenza con quella forza che nasce dal sacrificio e ripaga con le vittorie, guardare oltre per abbattere l’ignoranza, guardarsi dentro per avvicinarsi all’altro. Ed è per questo che lo sport , magister vitae, non può essere servo di alcuna strategia, di alcun colore , di alcun sistema, è per questo che deve essere ponte che unisce e non divide.”
Roberta Giordano,
VA, Liceo Scientifico “Virgilio- Redi” Squinzano